curiosità stroriche padovane  1°

LE ORIGINI DELLA GOLIARDIA

Le ripetute condanne emesse dai Padri conciliari fin dal 1223 per contenere gli eccessi dei 'chierici vaganti” (scolari che frequentavano le varie Università europee alla ricerca dei migliori Maestri) individuarono questi come appartenenti a una specie di setta, quella dei goliardi.  origini della goliardia

Tale nome deriva forse dall'appellativo di un chierico divenuto famoso: Pietro Abelardo, detto appunto Golia. Nato nel 1079, egli fa in gioventù musico e poeta, per poi diventare il teorico del concettualismo. Spregiudicato nei costumi e nelle idee (è sua l'affermazione dell'esigenza razionalistica in filosofìa), si battè contro il suo antico maestro Roscelino, che non esitò ad accusarlo di avere approfittato di una sua scolara, la giovane Eloisa. Crudelmente punito dai parenti di lei, Abelardo è rimasto il simbolo di un mondo in fermento, capace di esprimersi in testi poetici dove si rivendica la libera ragione, la gioia dei sensi e l'ebbrezza delle libagioni. Per queste loro caratteristiche i goliardi dei secoli XII e XIII venivano qualificati come "ribaldi, joculatores, bufones et histriones".

Tra loro fiorì una poesia latina dal timbro assai singolare, raccolta nei Carmina Burana (così chiamati perché conservati in un manoscritto del convento di Benedichtbeuren).

Nell'epoca moderna gli studenti delle università italiane presero a riunirsi in Accademie. Questi gruppi, cui partecipavano talvolta anche professori, avevano come punto di riferimento caffè o salotti privati. Spesso i membri di un'accademia si riconoscevano per alcuni segni distintivi, come l'indossare una spilla o un particolare capo di abbigliamento, fino allo sfoggiare una singolare acconciatura.

Ad esempio, si ha memoria di numerose accademie sorte a Siena, tra l'inizio del seicento e la metà del settecento. Tra queste le accademie dei Rozzi e degli Intronati.  Acclamazione 1972
Il più antico episodio goliardico conosciuto è descritto da Ersilio Michel ed è relativo all'anno 1820: - In Pisa li Scolari clamorosi, e amanti del disordine composero una Satira contro quei compagni loro, che sdegnando di seguirli nelle sregolatezze cercavano di vivere modestamente [...]. Era questa Satira in Sestine [...]. L'Autore figurava, che questi Scolari divisi dal resto dei sussuratori si adunassero in Casa di uno di loro, per formare una specie di Governo Monarchico fra questo ceto; da essi caratterizzato col soprannome di Beccaccini, perché amanti di portare al collo de' fazzoletti sopraffini colle becche del solino pinzute, e fuori della Corvetta, perché ricusavano mostrarsi al pubblico in Cacciatora verde, che è il distintivo Carbonico [...]. Fanno poi che [il Re dia] delle Cariche di Corte, e istituisca un Ordine Cavalleresco detto dei Somari, satarizzando per nome tutti coloro a cui si distribuiscono l'impieghi. Un certo Ricci Studente Livornese in pubblico Caffè dell'Ussero salì sopra un tavolino, e lesse questa Satira. Il giorno dopo ebbe due ore di tempo a partire.

Le testimonianze goliardiche ancora oggi raccolte all'interno di questo Caffè pisano sono numerose. Come numerosi sono gli aneddoti riguardanti la frequentazione del caffè da parte di studenti poi divenuti famosi. Al pari di quanto stava avvenendo a Pisa, anche nella altre principali città universitarie italiane la vita goliardica aveva al centro un caffè letterario. Tra i più importanti, il Caffè Florian diVenezia, il Caffè Pedrocchi di Padova e il Caffè Greco di Roma. Fu in questi e in molti altri caffè e salotti prossimi alle università che un largo numero di studenti e professori, alla luce dei rapidi mutamenti politici del periodo, sposò la causa risorgimentale e si batté per l'unità d'Italia. L'episodio che più rappresenta questo particolare momento storico è il sacrificio compiuto dal Battaglione Universitario composto da professori e studenti di Pisa e Siena il 29 maggio 1848 sui campi di Curtatone e Montanara. Il canto che ricorda quel sacrificio, il Di canti di gioia, è oggi l'inno delle associazioni goliardiche italiane.

È sul finire del XIX secolo che per primi gli studenti bolognesi fecero proprio il termine "goliardia", quando il movimento venne fondato sotto l'impulso di Giosuè Carducci, allora insegnante presso la locale facoltà di lettere. Il poeta aveva assistito in Germania a manifestazioni studentesche simili a quello che sarebbe stato poi il modus operandi dei Goliardi. Gli studenti tedeschi erano effettivamente eredi (considerando le evoluzioni storiche del caso) di quei clerici vagantes tanto osteggiati dalla chiesa durante il XII secolo, e che avevano eletto Pietro Abelardo a proprio vessillo nella lotta – spesso più dozzinale che dottrinale – alle imposizioni ideologiche del Papa.
La crescita economica e il miglioramento delle condizioni sociali medie che seguirono all'Unità d'Italia, portarono le università italiane ad aumentare in maniera progressiva il numero di iscritti. Così la vita goliardica uscì dai caffè letterari e si riversò nelle piazze e nei teatri, dove gli studenti amavano imperversare con manifestazioni quali le ‘'Feriae Matricularum, i carnevali goliardici, le operette, la distribuzione di giornali satirici (i cosiddetti ‘'numeri unici). Fino all'avvento del fascismo queste manifestazioni, prendendosi costantemente gioco dell'ordine costituito e delle costrizioni sociali e religiose del tempo, consentirono agli studenti di inserirsi per la prima volta con prepotenza nel dibattito sociale contemporaneo, spingendo con forza verso un ammodernamento dei costumi.

       


    

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